In un angolo non necessariamente recondito di quasi ogni audiofilo c’è il desiderio di sapere quanto è “Hi” il suono del suo impianto HiFi.

Proviamo a dargli (darci) una mano dapprima invitandolo a rispondere ad alcune domande che lo riguardano.

Si ha il desiderio di ascoltare musica nel miglior modo possibile?
Si è convinti che conoscere meglio pregi e limiti della propria catena di riproduzione è il modo più efficace per “farne crescere” le prestazioni?
Si è disposti a confrontare la percezione d’ascolto con una verifica strumentale, un punto di vista soggettivo ed un punto di vista oggettivo?

L’Audio Quality Test (AQT) sviluppato da Acustica Applicata è un utile e docile  strumento, un prezioso compagno per chi, avendo risposto affermativamente alle precedenti domande, intenda intraprendere un “viaggio” virtuoso all’interno del proprio suono e della propria passione per la riproduzione musicale.
Come tutti i metodi di misura, anche l’AQT è il risultato di un processo di analisi dei fenomeni da osservare e di sintesi nell’individuare quelli che più efficacemente descrivono le caratteristiche di un suono riprodotto in una stanza.

L’analisi di Acustica Applicata ha seguito questo percorso:

molti ricordano la diatriba che soprattutto negli anni 80 ha animato le discussioni tra audiofili e gli articoli sulle riviste specializzate, tra i cosidetti “ascoltoni” e “misuroni”.

I primi sostenevano che l’unico criterio di analisi e di valutazione di un suono, fosse l’ascolto.

I secondi, prima di ascoltare, sottoponevano gli apparecchi ad una serie di misurazioni strumentali ed il risultato di queste condizionava totalmente il giudizio.

Il confronto/scontro tra queste due scuole di pensiero, ancora oggi non totalmente risolto, ha innanzi tutto evidenziato una sorta di incomprensione linguistica tra i due schieramenti su diverse caratteristiche del suono.

Chi “ascolta” usa termini come Equilibrio Timbrico, chi “misura” parla di Risposta in Frequenza; da una parte si sente dire Dinamica Esplosiva, dall’altra Rapporto Segnale Rumore; ed ancora, chi “ascolta” parla di Microcontrasto, chi “misura” dice Indice di Intellegibilità; da una parte sentiamo il termine “Fatica d’Ascolto”, dall’altra si parla di Distorsione.

Si tratta quindi di:

  1. mettere a confronto le varie esperienze d’ascolto ed individuare i denominatori comuni al di là della terminologia usata per descriverli
  2. stabilire i fenomeni elettroacustici coinvolti e scegliere in che modo è opportuno rappresentarli
  3. formulare una metodologia di misura che rispetti il rigore scientifico e la percezione d’ascolto

 Vediamo che risposte ha dato Acustica Applicata ai tre obiettivi identificati, ricordando che AQT si propone di osservare un suono che si genera e si diffonde in ambienti chiusi, non in campo libero.

Mettere a confronto le varie esperienze d’ascolto ed individuare i denominatori comuni al di là della terminologia usata per descriverli

 Ad Acustica Applicata siamo convinti che una corretta messa a punto di un sistema di riproduzione può essere condotta ad “orecchio”, ma che, quando possibile, sia utile anche il controllo strumentale; queste modalità  possono essere complementari e, alla fine del set-up, il risultato di una deve confermare quello dell’altra.

Questa nostra convinzione è consolidata da una trentennale esperienza sul campo.

Possiamo considerare il metodo AQT come frutto di questo modo d’agire.

Per descrivere un suono che arriva alle orecchie di un ascoltatore riteniamo indispensabile osservare e verificare il suo rapporto col suono che “sgorga” dalla sorgente di lettura.

Affermazione che può apparire ovvia!

Ma, rimanendo in ambiente “fluviale”, se fino ai diffusori possiamo considerare il flusso del segnale musicale relativamente poco perturbato come acqua che dalla sorgente inizia il suo percorso verso valle, quando la musica esce “all’aperto”, nella sala d’ascolto, prima di arrivare alle nostre orecchie, incontra le rapide e le cascate con   numerosi e disordinati “vortici” e “rimbalzi”.

Non intendiamo certo con ciò  sottovalutare le problematiche affrontate dalle elettroniche incaricate di raccogliere, trasportare ed amplificare il prezioso messaggio fino ai diffusori;  tanto meno ignorare l’improbo ed indispensabile lavoro svolto da questi ultimi, nel trasformare un fenomeno elettrico in fenomeno fisico fruibile dal nostro sistema uditivo.

Vogliamo però sottolineare che l’attraversamento delle “rapide” e delle “cascate” è un viaggio che si paga a caro prezzo in termini di qualità d’ascolto.

Se fino agli altoparlanti, si osservano variazioni rispetto al segnale sorgente nell’ordine dell’unità (o meno) percentuale, misurando nel punto d’ascolto le variazioni sono ordini grandezza superiori,  con alterazioni di ogni tipo tali da costringere l’audiofilo ad una condizione d’ascolto fuori dalla correttezza stereofonica.

Immersi in un clima così perturbato ogni valutazione sulla qualità del suono percepito è puramente velleitaria (con l’AQT, fra l’altro, è semplice ed evidente verificare questa affermazione confrontando la registrazione fatta a pochi centimetri dal diffusore, con quella dal punto d’ascolto. Vedi immagini).

Quindi, l’esatta concordanza col suono sorgente è un traguardo difficile da raggiungere.

Fatte queste indispensabili premesse torniamo ai denominatori comuni richiesti al punto “a”.

Acustica Applicata ha identificato i seguenti quattro parametri per “fotografare” un suono nel     punto d’ascolto:

  1. Risposta in Frequenza = Bilanciamento Tonale, Equilibrio Timbrico.
  2. Risposta Dinamica = Articolazione, Impatto Dinamico, Macro Contrasto.
  3. Tempi di Riverbero in relazione alla Frequenza = Suono controllato, Assenza di code sonore, Bassi profondi e non impastati, Micro contrasto, Assenza di fatica d’ascolto.
  4. Coerenza di Fase e di Pressione Acustica = Focalizzazione, Palcoscenico sonoro coerente e tridimensionale, senso del Ritmo.

L’ AQT è un metodo di misura che indaga su questi parametri in modo rapido, sul campo, con   un’interfaccia grafica che dà la possibilità di osservare il risultato complessivo oppure di            entrare nel particolare.

Calcola rigorosamente l’Articolazione in quattro aree di frequenza (20-50 Hz; 50-100 Hz; 100-300 Hz; 300-1000 Hz) e per l’intero segnale AQT; i valori matematici espressi in dB sono memorizzabili assieme al grafico e confrontabili in step successivi.
La “sensibilità” del metodo di misura, permette di osservare e quantificare in un grafico i piccoli cambiamenti che avvengono durante un set-up (minimo spostamento di diffusori e/o punto d’ascolto), prerogativa esclusiva dell’ AQT che lo rende concretamente efficace.

Stabilire i fenomeni elettroacustici coinvolti e scegliere in che modo è opportuno rappresentarli.

 Prefiggendosi di migliorare il suono, Acustica Applicata ha pensato che l’AQT si debba basare           su un segnale di riferimento che oltre alle prerogative di misurabilità e ripetitività, debba            anche assomigliare il più possibile ad un segnale musicale; i vari segnali continui come            rumori rosa, bianchi, sweppate, ecc., hanno una loro validità, ma offrono sempre una visione            parziale della performance acustica.

Inoltre con AQT osserviamo il comportamento durante il periodo di emissione del suono ed in sequenza durante il successivo intervallo di silenzio.

L’AQT, quasi come la musica, è una sequenza di toni che cambiano nel tempo ed in frequenza e sono separati da spazi di silenzio.

Vediamolo nel dettaglio: è un tipo di segnale cosiddetto “multiburst”, una sequenza di toni puri sinusoidali che parte da 20 Hz e sale fino a 300 Hz con step di 2 Hz, da 300 Hz a 1000 Hz con step di 4 Hz, da 1000 Hz a 2000 Hz con progressione logaritmica.

Ogni tono dura 3/15 di secondo (200 msec) ed è separato dal successivo da 1/15  (66 msec) di silenzio per una durata totale di 94,13 secondi.

Nei 200 msec di tono abbiamo la possibilità di osservare come si comporta il suono nell’ambiente; nei successivi 66 msec  di silenzio verifichiamo ciò che succede nel campo del “riverberato”, cioè tutta quella parte di suono che arriva alle nostre orecchie non direttamente dai diffusori, ma bensì dalle pareti della stanza dove ascoltiamo.

Appare così evidente che la struttura del segnale offre la possibilità di analizzare l’acustica dell’ambiente in esame in modo molto particolareggiato.

Nell’intervallo di frequenze preso in esame (20>2000 Hz) si manifestano i più gravi problemi acustici che condizionano pesantemente non solo questa regione di frequenze, ma anche tutto lo spettro superiore a queste.  Conoscere ed “organizzare” l’energia acustica che si propaga in una stanza in questa area genericamente definita delle basse e medie frequenze, è una strategia indispensabile per ottenere i più consistenti miglioramenti e per raggiungere i più alti livelli di vera alta fedeltà stereofonica; sottovalutare o, peggio, ignorare questa problematica ed illudersi di poter raggiungere gli stessi risultati esclusivamente acquistando i migliori apparecchi disponibili sul mercato, è puro masochismo.

Per completare il quadro dei principali fenomeni elettroacustici coinvolti, torniamo al segnale AQT ed in particolare ai suoi tempi, sia per quello che è stato lo sviluppo e la formulazione del metodo di misura stesso, sia per ricordare alcuni comportamenti del nostro sistema uditivo su cui si basa il funzionamento stesso della stereofonia.

Nel segnale AQT un singolo tono ha una durata di 200 msec. .

E’ interessante osservare quante cose succedono in una manciata di millisecondi di suono o di silenzio; teniamo presente che attraverso gli stimoli  che afferiscono ai nostri “microfoni naturali” (le orecchie), il cervello elabora rapidamente tutto quello che serve per capire la provenienza e l’intensità di un suono e, immediatamente dopo, anche le dimensioni dell’ambiente dove lo stesso è stato prodotto. In pratica, bastano pochi millisecondi per sapere quasi tutto o, meglio, per “interpretare” quasi tutto; nonostante ciò, siamo “costretti” dal nostro sistema percettivo ad assimilare i suoni “buoni”, ma anche i suoni “ridondanti”, che inevitabilmente condizionano la percezione complessiva.

Vediamo cronologicamente cosa accade ogni volta che ci sediamo di fronte al nostro impianto: il suono parte dai diffusori ed inizia a diffondersi nell’ambiente, l’ascoltatore riceve le prime onde sonore dirette e dopo circa 1,2 msec. stabilisce esattamente la provenienza, poi, fino ai 20-25 msec., tutto quello che arriva viene “caricato in memoria” e viene “interpretato” come un unico suono con intensità e timbro risultato della media di tutti i suoni arrivati in quella finestra temporale.

Dai 25 fino ai 60 msec. arriva una quantità di energia sonora composta da preziosissime informazioni necessarie per capire in che spazio acustico ci troviamo.

È di grande importanza preservare ed indirizzare questa energia: nelle sale d’ascolto più evolute contribuisce al traguardo della smaterializzazione delle pareti reali per lasciare il posto a quelle della sala dove è stato registrato l’evento.

Dopo 60-80 msec. cominciano a prevalere delle riflessioni separate, oltre gli 80-100 msec. si manifestano delle vere e proprie eco distinte.

Il passaggio da una zona temporale all’altra ovviamente è molto graduale e dipende dall’intensità e dalla frequenza.

Pertanto non è possibile stabilire un confine preciso, ma un’area di transizione graduale e progressiva che va dal suono riflesso alla sensazione di spazialità fino all’eco.

Accade però che entro i 20-25 msec. arrivino alle nostre orecchie anche altre onde sonore che hanno subito riflessioni singole o multiple sulle pareti del locale dove ci troviamo.  Per capire con che rapidità e quantità arrivano queste onde “ridondanti”, non prodotte dai nostri diffusori, facciamo un esempio: una sala di ascolto con i diffusori a 50 cm. dalla parete laterale di normale muro intonacato (materiale che riflette circa il 96% dell’energia acustica), produce un suono riflesso di pochissimo inferiore al suono diretto che raggiungerà l’ascoltatore dopo 1,45 msec.; in questo caso le pareti sono dei veri e propri diffusori supplementari.

La velocità del suono è di 344 mt/sec. quindi in 10 msec. l’onda sonora percorre 3,44 mt.: in locali di normali dimensioni tutte le prime riflessioni ricadono nell’intervallo di “fusione del suono”.

Le considerazioni fatte per i 200 msec. di durata del suono, coinvolgono evidentemente anche le problematiche da osservare nell’intervallo di silenzio di 66 msec. che nell’ AQT separa un tono dal successivo.

Se al termine di un tono, almeno per i primi 20-25 msec., il suono non si estingue nel modo più rapido possibile, avremo una persistenza di energia in ambiente che riduce la percezione di una effettiva dinamica e che stravolge il contenuto timbrico e la coerenza temporale. Le frequenze si “allungano” nel tempo sovrapponendosi disordinatamente, mascherando ed impoverendo il segnale sonoro originale.

Come disse il leggendario Direttore d’Orchestra Evgeny Mravinsky: “Il problema non è far partire la musica, è fermarla!”.

Formulare una metodologia di misura che rispetti il rigore scientifico e la percezione d’ascolto

 Le considerazioni fatte nei due paragrafi precedenti ed i costanti riscontri pratici permettono di individuare   nell’ AQT è un valido supporto per indagare le problematiche acustiche più importanti.

Dal punto di vista didattico, l’AQT è un eccellente “traduttore” di descrizioni audiophile, nonché strumento di concreto ausilio per la conoscenza e l’approfondimento delle caratteristiche sonore della propria sala d’ascolto.

Dal punto di vista pratico l’AQT è un test strumentale che non entra mai in contraddizione con l’esperienza diretta d’ascolto; un AQT migliore corrisponde ad un ascolto migliore!

Ma allora, tirando le somme, “quanto” e “quando” il suono del proprio impianto è “Hi”?

La nostra ormai abbondante e diversificata casistica testimonia che raggiungendo un valore di articolazione media pari a 12 dB l’impianto lavora in un clima acustico adeguato alla riproduzione stereofonica e può già essere considerato “Hi”.

I risultati udibilmente migliori si collocano mediamente fra 12 e 16 dB di articolazione media ben distribuita fra le arre di frequenze. Non è certo che valori di articolazione media superiori a questi vengano sempre avvertiti come un netto miglioramento della pura performance d’ascolto.

Quello che è però sicuro è che con valori inferiori ai 9 dB è molto raro essere in presenza di un suono stereofonico di alto livello.

Fabio Liberatore – Italo Adami

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