Il Messiah ed il registratore a bobine

Approfondimenti vari

In una asciutta ed ancor non tarda notte d’inverno, ero da poco sceso dal treno locale Aulla-Pisa Centrale.

Testa avvolta dal cappuccio e mani ben affondate nelle tasche imbottite, a rapidi passi, stavo attraversando Piazza dei Miracoli, sì, proprio quella con la Torre Pendente, deciso ad infilarmi quanto prima sotto le lenzuola del claudicante letto nella cameretta affittata per 25.000 lire al mese in Borgo Stretto.

Quello era l‘inverno del 1977 ed in quel momento ero ancora uno studente ….. non audiofilo.

Non che la musica non mi interessasse o piacesse! Al contrario! Con gli amici ne condividevamo tantissima: per radio, coi mangia-nastri, davanti ad un “impiantino” Reader’s Digest appartenente a qualcuno di famiglia più fortunata; qualche volta dal vivo: rock progressivo, italiano e non, cantautori, gli Inti-Illimani.

Così, penso, non fu poi così strano, benché l’ora fosse tarda e buia, essere attratto da una musica che flebile, ma nitida si stagliava nel silenzio circostante. La sentii provenire dal mezzo della piazza, fra la Torre ed il Battistero, così che il passo progressivamente rallentò e poi cambiò direzione, lasciando che  il muro del S. Chiara mi rimanesse alle spalle, per entrare prima sul prato e poi varcare il portone del Duomo di Santa Maria Assunta, eccezionalmente aperto a quell’ora,  oltre il quale …..mi trasformai …in un audiofilo.

Un coro, un’orchestra, cantanti solisti, tecnici; un certo numero di microfoni e di registratori muniti di “enormi” bobine.  Non ricordo quanti fossero, ma l’impatto visivo fu sorprendente.

Mi sedetti defilato, respirando in silenzio, cercando l’invisibilità. Mi fermai lì per un’oretta, godendomi quelle melodie, musica sacra, seguendo indaffarati tecnici ed artisti, che, mi resi conto, stavano provando un evento il quale, probabilmente, avrebbe avuto luogo di lì a poco.

Non avevo esperienza di la musica corale o sinfonica che fosse.

Oddio! Qualche curiosità, dopo aver visto “2001, Odissea nello Spazio” e “Arancia Meccanica” mi erano anche venute.

Ma “Also Sprach Zarathustra” e la “Nona” erano francamente una pena, sentite col magnetofono Castelli.

Ma lì, dal vero, in quell’ ambiente, con quell’ acustica, in quella notte, il suono era affascinante, magico. Indimenticabile.

Due cose rimasero impresse in me: la “fisicità” del suono di quella musica, il Messiah di Handel, che si ficcò nelle circonvoluzioni dei miei lobi parietali rimanendovi da qualche parte imprigionato, mentre i lobi occipitali elaboravano memorabili immagini di bobine che giravano e di V-Meter  illuminati che guizzavano nei frontali di splendenti macchine per registrare.

In quell’oretta divenni audiofilo (con non trascurabili tendenze audio-video, anche).

Uscii dalla Cattedrale con il desiderio e la determinazione di volere ascoltare e riascoltare musica in modo che essa fosse foriera di quelle emozioni poco prima vissute, create da quelle caratteristiche sonore.

La voglia di poter ascoltare la musica come …esserci, con quella trasparenza, con quella dinamica “rilassata”, con quella vividezza!
Erano gli anni d’oro dell’hi-fi.
Da una prospettiva odierna può sembrare che quella di allora fosse un hi-fi …. facile …. possibile, quasi di massa.
Con un milione e mezzo di lire potevi possedere un impianto già discreto: giradischi, ampli-integrato, due casse, per dirla come ai quei tempi.
Di sicuro l’interesse per la musica e per l’hi-fi era largamente diffuso fra i giovani.

A testimoniarlo le folle oceaniche visitatrici del SIM di Milano, a quei tempi l’evento promozionale più importante dell’Italia nel settore dell’elettronica di consumo, ma anche il fatto che perfino i corridoi del  Casinò di Bagni di Lucca, un paese di neanche 7000 abitanti, pullulavano in modo incontenibile di appassionati durante una fiera hi-fi che, negli anni ’70, vide lì lo svolgersi di varie edizioni.

Già! Ma poi chi ce l’aveva un milione e mezzo?
Prima bisognava …. avere uno stipendio e poi …. metterne un po’ da parte.

Mi riuscì!  Dopo qualche anno acquistai giradischi, integrato e diffusori giapponesi … ”scelti” fra quelli che il negoziante esibiva all’occorrenza suonati con orgoglio celodurista nel suo “muro” di speakers,  una vera e propria parete di coppie di diffusori, fra loro differenti per tipo e marca, non tanto per forma, lì affastellati per essere  selezionati per mezzo di una goffa centralina commutatrice.

Presentati così, i suoni di quelle coppie di diffusori erano, in realtà, tutti più o meno eguali.

Tu, però, giovine audiofilo inesperto, per non fare la figura del pivello, non solo affermavi di sentire differenze, ma anche indugiavi a descriverle. Pur non avendoci capito nulla, portai a casa il mio primo sistema hi-fi, disponendolo secondo i gusti estetici di mia suocera, che tendeva a celare agli ospiti la presenza degli speakers nascondendoli fra le poltrone ed il divano.

Poco male, pensai! Avevo acquistato il cofanetto da tre LP della CBS con il Messiah diretto da J.C. Malgoire e stavo per godermelo dopo un sacco di studio, desiderio e sacrifici.
Quando lo misi sul piatto, sembravo un sommelier che si appresta a gustare il suo primo Sassicaia.
Fu un vero disastro!
Ciò che mi giungeva alle orecchie era lontano le mille miglia da quel suono percepito nel Duomo di Pisa che si era scolpito indelebile nella mia memoria.
Cupo, confuso, non ne era nemmeno il lontano parente.

Si badi bene! Non c’era niente di guasto. Capii successivamente che quel suono era particolarmente scadente a causa del posizionamento dei diffusori (che non può essere fatto a casaccio), dell’acustica disgraziata di quel locale, del fatto che il giradischi era gravemente affetto da feedback acustico e, ma solo in ultimo, dalla qualità non eccelsa dell’ampli e dei diffusori.

Ma anche quando il tempo e la conoscenza mi hanno permesso di risolvere queste problematiche e di andare avanti nella mia esperienza audiofila, il gap fra quel ricordo ahimè rimasto troppo vivido e i limiti della riproduzione musicale domestica non si è mai del tutto colmato.

Tuttavia dai primi anni ’80 ad oggi, a mio parere, c’è stata una notevole, tangibile evoluzione della qualità del suono riprodotto in direzione della verosimiglianza con quello dal vero.

Ma e’ stato solo nel mese scorso che, in occasione di una presentazione del Preamplificatore Alieno, con il suo finale a pilotare le nuove Sonus Faber Aida II  in una grande sala ben trattata acusticamente del nord Europa, chiudendo gli occhi, ho avuto sensazioni d’ascolto assai vicine a quelle ricevute nella Cattedrale pisana nella notte ….. che divenni audiofilo.

Anche stavolta  suonava il Messiah, una sontuosa e solenne edizione su nastro diretta da Klemperer, riproposta con uno Studer A80. Un suono fresco ed ampio, vivido e pulsante, privo di veli – svelato, un suono che, a mio parere avrebbe potuto per qualche istante, o forse più, trarre in inganno un ascoltatore bendato interrogato sul fatto di essere innanzi ad un suono vero o ad uno riprodotto. Ciò con una registrazione di musica complessa, con coro, solisti ed orchestra eccellente in ogni parametro.

Per farlo c’è stato bisogno di trovare una serie di condizioni decisamente favorevoli (qualità del sistema di riproduzione, trattamento acustico, accurato set-up) e, ma questo è un fatto personale, di incontrare nuovamente Handel ed il registratore a bobine … assieme.

Corsi e ricorsi, forse anche in “controfase”, che, in un certo senso, hanno aperto e chiuso il mio personale cerchio audiofilo.

Il registratore a bobine professionale a due tracce

Da  qualche anno stiamo assistendo ad una sommessa, ma decisa e progressiva rinascita di una  importante macchina analogica, dopo che, intorno alla fine degli anni ’80, se ne erano un po’ perse le tracce: il registratore professionale a due tracce (RtR).

Ciò è dovuto al fatto che, con l’avvento del digitale, gli studi di registrazioni se ne sono vieppiù liberati a prezzi tutto sommato assai inferiori rispetto al loro ingente valore d’acquisto iniziale, immettendoli, direttamente o tramite intermediari, sul mercato dell’usato.

Sono solide macchine professionali fatte per lavorare, ma anche belle a vedersi! Qualche audiofilo analogista amante del vintage, magari nostalgico possessore di un registratore a bobine consumer (tipo il Revox  b77), ne  ha acquistato uno…. accorgendosi che, con le registrazioni giuste, suonava … alla grandissima!

Il registratore professionale ha così potuto fare, per la prima volta (in passato ciò non gli era stato possibile per ragioni di costi e per le politiche distributive del tempo) la sua sontuosa entrata nel mondo dell’hi-end.

È questo, forse, il brodo di coltura in cui nasce l’attuale seconda vita (tutta audiofila) dei registratori professionali a bobine.

Fatto sta che oggi il registratore a bobine si rivede alle fiere hi-end di mezzo mondo e nelle sale d’ascolto di un buon numero di appassionati che desiderano la massima qualità sonora o, meno frequentemente, presso coloro che amano il suono ed il look dei sistemi di riproduzione anni ’70 ed ‘80.

Questo articolo si rivolge decisamente più ai primi che hai secondi, cioè a coloro a cui interessa la massima qualità sonora.

La Motivazione

Un registratore professionale a due tracce a cui venga richiesta la riproduzione di un nastro master di alto livello qualitativo è, in effetti, la migliore fonte sonora disponibile in termini di estensione in frequenza unita a dinamica e vera trasparenza.

Ma la sua gestione non è certamente comoda come quella del tablet per la musica liquida o di un qualsiasi altro supporto digitale.

Manipolare un nastro in bobina è abbastanza semplice. Tuttavia occorre possedere una certa dimestichezza nel trattarlo.  Il suo ascolto impegna circa una mezz’ora, senza poter fare i comodi salti di traccia …. o di album a cui il digitale ci ha avvezzati.

Insomma: chi sceglie un registratore a bobine oggi, lo fa perché desidera avere un suono di elevata qualità, superiore al quello del LP o da fonte digitale, non per la sua … comodità e nemmeno perché è…economico.

Tuttavia non è l’acquisto della macchina riproduttrice l’aspetto più costoso del percorso, ma, come vedremo, ciò che dovremo “darle in pasto” (il nastro registrato), che, a fronte di una qualità ed una durata oggi realmente eccezionali, ha costi piuttosto elevati.

Il fatto determinante per il risultato finale è che la qualità del materiale registrato.

Se si vuole suonare al meglio occorre reperire copie di nastri master di alta qualità.

Oggi sono disponibili sul mercato svariati titoli agli (alti) costi che vedremo, che necessitano, per essere riprodotti in modo adeguato di macchine tecnicamente all’altezza.

Le Opzioni

Se si vuole un registratore a bobine  per avere un suono superiore a quello offerto dalle altre fonti analogiche e digitali odierne, a mio parere NON si deve fare quanto segue:

–  acquistare RtR di tipo consumer come i Teac, i Techincs,  gli Akai, i Pioneer, i Tandberg, i Revox  A 77 e B77 non calibrati per i master.

L’elettronica di questa tipologia di macchine viene messa in crisi dall’estensione in frequenza e dalla dinamica dei nastri master. Se non si è appassionati di apparecchi vintage, acquistare registratori consumer, è perciò  un  nonsenso. Meglio il giradischi!

  • Acquistare apparecchi professionali non revisionati. Le testine magnetiche di un registratore hanno un consumo non sempre visibile (notare che in prossimità del fondo-vita, la testina di riproduzione suona molto bene, per poi però decadere rapidamente).

I condensatori di apparecchi che hanno decine d’anni di vita vanno sostituiti. Ecc.

  • Acquistare RtR a 4 o più tracce e quelli che non dispongono della velocità di 38 cm al secondo.

A parte eccezioni, non esistono nastri a quattro piste in grado di offrire un suono di alto livello e, sempre a questo scopo, i nastri che scorrono alla velocità più elevata suonano meglio di quelli che sono sincronizzati per andare più lentamente.

Insomma, l’audiofilo che mira al suono d’eccezione dei nastri master dovrà procurarsi un due tracce ¼  di pollice (si sta affacciando anche il ½ pollice, ancor più performante, ma attualmente con una scelta molto più limitata di titoli rispetto al ¼ ), professionale e revisionato.

L’Offerta

Oggi il mercato offre apparecchi usati di interesse audiofilo con le caratteristiche positive su-esposte (qualità adeguata alla riproduzione dei master, revisione, garanzie) in un range compreso fra 2000 e 25.000 Euro.

I prezzi sono da anni in lento, costante aumento in conseguenza dell’incremento della domanda a fronte di una sostanziale “stabilità” dell’offerta.

Non c’è all’orizzonte nessuna ipotesi di immissione sul mercato di  RtR nuovi ad un prezzo inferiore ai 20.000 Euro. Considerando la complessità costruttiva, soprattutto meccanica, di questi dispositivi e le potenzialità del loro mercato, ciò mi appare come del tutto plausibile.

A mio parere esistono apparecchi convenienti, i bestseller,  le dream machine.

I marchi professionali da prendere in considerazione sono: Studer e Nagra (Svizzera), Ampex (USA), Telefunken (Germania), Sony ed Otari (Giappone).

Fra gli apparecchi convenienti si possono annoverare: l’ABE, il Revox  PR99, ma anche gli Studer A67, B67, 807 e 810 senza VU-meter. Si va da i circa 2000 Euro dell’Abe ai 3500 del 810 senza i VU-meter.

L’ABE è un piccolo Telefunken , un essenziale solo-riproduttore. Per chi non ha esigenze di registrazione è una ottima opzione. Il Revox PR99 è “prosumer”, l’anello di congiunzione fra Studer e Revox, un B77 con entrate e uscite bilanciate.

Gli Studer A67 e B 67, 807 e 810 rappresentano la versione compatta, portatile dei monster da studio A80  e 820 degli anni ’70 e  ’80.

Gli esemplari sprovvisti di VU-meter costano significativamente meno (1500-2000 Euro) di quelli che li possiedono. Pur essendo attraenti e divertenti alla vista, i VU-Meter sono inutili a chi non ha intenzione di impiegare il proprio B67 o 807  o 810 per fare registrazioni.

Tuttavia i RrR più desiderati dal mercato sono proprio i compatti coi VU-Meter ed in particolar modo gli Studer 807 ed 810. Il prezzo di un esemplare revisionato e dotato delle opportune garanzie può superare facilmente i 6000 Euro.

Il suono di questi apparecchi anni ’80 è più dinamico, più aperto e trasparente di quello dei predecessori A67 e B 67, con le loro sonorità un poco più scure e con le loro escursioni dinamiche più compassate.

Come per le automobili, poi, anche fra i registratori ci sono i miti, costosissime macchine da sogno, difficilissime da trovare e dalle maestose performances soniche e meccaniche, ragionevolmente superiori rispetto a quelle comunque eccellenti delle macchine più compatte.

In buona sostanza, sono: gli stati solido Nagra T e Studer 820, che si contendono la palma del migliore registratore a bobine mai prodotto con l’Ampex ATR 102 , l’ Otari Mtr 15-20 e il Sony APR5000, ed i valvolari  Studer C 37 e il Telefunken M10  (rarissimi registratori anni ’60, veri “carri armati”, ma con un cuore pieno di tubi termoionici).

Ok, Mr Adami, dirà il mio affezionato, fiducioso e paziente lettore, ed ora?

Una volta che ho un registratore a due piste di tipo professionale con tutti i crismi che lei indica, magari anche revisionato, che ci ascolto?  Ordino i nastri su Amazon? Li trovo a MediaWord?

Al momento non funziona così e credo che, probabilmente, così non potrà mai andare!

Reperibilità dei nastri master oggi

Sembrerà strano, ma oggi è disponibile il nastro vergine della migliore qualità mai fatta, il più robusto e duraturo nel tempo e dalle incredibili qualità soniche, soprattutto in termini di riduzione della distorsione anche in presenza di elevate escursioni dinamiche.

Ciò ed il fatto che un sufficiente numero di audiofili già possiede un registratore a bobine, ha convinto alcune etichette discografiche come Fonè, Velut Luna e Rhapsody Analog  a  pubblicare qualche titolo del loro catalogo anche su nastro master.

Non solo. Recentemente sono nate etichette dedite solo a questo tipo di proposta .

Ad esempio Hemiolia è una nuova label italiana che licenzia i propri titoli esclusivamente su nastro ¼ di pollice- 38 cm./sec.. Si tratta di nuove produzioni sia di musica classica che jazz che si possono ordinare direttamente o presso alcuni rivenditori molto specializzati.

Ma la parte più corposa della produzione più recente su nastro master è rappresentata dalle riedizioni dei grandi classici ad opera delle americane Acoustic Sounds ed Elusive Disc.

La prima, il cui catalogo in bobine è promosso in Italia da “Musica & Video” di Ravenna,

annovera mitici titoli dell’epoca d’oro della stereofonia, soprattutto gli  RCA Living Stereo, come, ad esempio “Scheherazade” diretto da Reiner  o “Rhapsody” diretto da Stokowski, vere pietre miliari della registrazione dell’orchestra sinfonica che, dopo la loro riscoperta avvenuta negli anni ’80, sono state successivamente ri-pubblicate un po’ in tutti i modi possibili (Lp, Lp 180 gg, Lp 45 giri, col vinile nero o bianco, CD, XRCD, SACD, ecc.).

Adesso, alcuni fra i titoli più importanti e ricercati, sono disponibili anche su nastro master. L’offerta di Acoustics Sound non si ferma alla musica classica, ma si estende anche ad importanti titoli Jazz e di musica leggera registrati in “epoca analogica”.

Il catalogo di Elusive Disc è ancor più cospicuo. Più variegato, assomma titoli noti ad altri meno noti sempre connotati da una marcata impronta audiophile.

Un’ interessante ulteriore “vena” d’approvvigionamento di nastri è rappresentata da quelli degli anni ‘50 e primi ‘60 contenenti principalmente musica sinfonica editi da Mercury, Capitol, RCA Living Stereo, Westminster, ecc..Pur non essendo dei master, ma copie originali in 2 tracce su nastro acetato con velocità di lettura di 19 cm./sec., quelli che arrivano a noi in buone condizioni hanno una qualità sonora sufficiente a giustificare il loro impiego su un RtR professionale.

I migliori e difficili da trovare sono quelli corrispondenti ai titoli in vinile più blasonati.

Da evitare i 4 tracce!

Alla nascita della stereofonia il supporto audio di qualità per la musica colta fu proprio la bobina in acetato da ¼ di pollice. Solo per pochi anni l’altezza del nastro venne utilizzata per le due piste stereo.

Qualche tempo dopo, per rendere il prodotto più economico e popolare ed aumentare le vendite, le due piste divennero quattro, due in andata e due in ritorno, offrendo così il doppio della musica circa allo stesso prezzo.

Mentre i nastri a due piste hanno avuto vita breve, quelli a quattro sono stati sul mercato per una quindicina d’anni, arrivando a veder cessare la loro commercializzazione a metà degli anni ’70.

Se prima in ¼ di pollice ci stavano due piste ed ora ve ne sono quattro, che ne ha fatto le spese?

La dinamica, ovviamente, ed anche l’accuratezza agli estremi di banda.

Il suono risulta essere ovviamente assai più compresso e mozzato dentro una traccia di altezza corrispondente ad ¼ di pollice   diviso quattro piuttosto che in una dove il ¼ si divide in due!

Oggi i vecchi nastri a due piste vengono ancora ricercati ed apprezzati non solo dagli amanti del vintage, ma anche per le loro qualità audio. Quelli a quattro, salvo rare, immancabili eccezioni, hanno un valore molto inferiore e sono assai poco considerati dal punto di vista sonico.

L’ ultima fonte di approvvigionamento di nastri master che mi viene alla mente, è rappresentata in Europa dal mercato underground, quello che viaggia anche per i tentacolari meandri del Web, ed è a mio parere quella più potenzialmente ricca di sorprese.

Nei (…fra i) canali dell’usato, purtroppo non con assiduità e correndo qualche rischio di fregatura, è possibile scovare grandi registrazioni “pre-digitali” su nastro in bobine ¼ di pollice, pagine fondamentali della storia della musica rock, blues, leggera, operistica e classica, di elevata qualità audio, spesso davvero “insospettabile” se raffrontata con quella del vinile o del cd commerciale corrispondente.

Vi si possono trovare scintillanti sorprese, vere e proprie perle, ed anche produzioni discutibili (non sempre “nastro è bello” e non sempre il segnale registrato su nastro è tratto dal master analogico). Conta la serietà del fornitore.

Conta sapersi destreggiare fra offerte non sempre sufficientemente trasparenti.

I prezzi sono sempre … “molto importanti”, di più per le produzioni ufficiale, ma anche per quelle che viaggiano sotto traccia.

Mediamente il costo di una bobina underground registrata si aggira fra i 150 e 200 Euro o più (dipende dal materiale -plastica, alluminio- con cui è fatta la bobina, e…dal venditore). In genere contiene meno di 32 minuti di musica. Così, ad esempio, per “Tosca” ne sono necessarie quattro; tre per “Jesus Christ Superstar”, quattro (o tre) per “The Wall”.

La Acoustic Sounds chiede, in USA,  450 $ per il cofanetto da due bobine con MaseKela o per “Rhapsodies”.

Considerando i costi di spedizione e di importazione, il ricarico  applicato da “Musica & Video” comprandoli in Italia, è ragionevole.

Tuttavia, come si vede, stiamo parlando di prezzi elevati.

Da tempo mi domando se ha senso spendere somme così ingenti per i titoli che suonano in modo eccellente già su LP come molti RCA Living Stereo di musica classica o popolare (si pensi a “Belafonte at the Carnegie Hall”), o come a molti Mercury o a certe produzioni più recenti come Masekela.

Avendo disponibilità economiche, ha senso pagare un costo così elevato solo se il risultato offerto da questi nastri master supera di gran lunga quello già eccellente del corrispondente LP.

Non ho molti dubbi circa la validità sonora di svariati nastri master underground di musica rock, jazz, leggera ed anche classica che ho avuto la fortuna di “incontrare” nel corso dei miei viaggi per sale d’ascolto europee.

Il suono scadente di certi vinili o cd contenenti pezzi musicali fondamentali e straordinari (penso, ad esempio, alla musica classica anni ’70 pubblicata da DG o ad un numero cospicuo di titoli dei gruppi storici del rock, a pietre miliari del blues e dello swing) prepotentemente  sboccia in modo insospettato ed incredibile quando non ha i tagli in frequenza e senza le compressioni dinamiche  della copia del master da cui ha preso vita.

È in ciò, oggi, che, a mio parere, sta il significato “esistenziale” dell’inserimento  in un sistema hi-end dei nostri giorni di un registratore a bobine professionale unito alla possibilità d’accedere a nastri master di importanti pagine musicali registrate in analogico nel periodo che va dalla metà degli anni ’50 alla fine degli anni ‘80.

Questa è davvero una nuova-antica frontiera sonora. Non per tutti, forse. Ma, se possibile, quanto mai da sperimentare, da approfondire con attenzione, e, spesso, quanto mai gratificante.

Buone note

Italo Adami

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