L’hi-fi è un mondo affascinante, ma difficile. E’ un luogo ad alta complessità dove convergono numerosi fattori di incertezza. Molti componenti da interfacciare, la connessione fra sistema e contesto, la relazione fra sistema, contesto cultura e sensibilità  di colui che desidera ascoltare musica riprodotta.  Variabili su variabili difficili da controllare e governare.

Girando per audiofili mi rendo sempre più conto di come l’hi-fi sia un campo minato, pieno di insidie e trabocchetti, un mondo in cui si commettono troppi errori, alcuni madornali.

Spesso gli audiofili parlano del “sesso degli angeli”, di dettagli sonori, di sfumature infinitesimali; discutono del “brusco nell’occhio” senza vedere il trave che è loro innanzi.

Spesso  il suono dei sistemi hi-fi domestici è lontanissimo dalla musica vera.

Per abitudine sclerotizzata o per onanistica consolazione, l’audiofilo medio tende a semplificare e, nei casi più gravi, ad  assumere come “suono assoluto” il suono del suo sistema domestico anche quando esso è oggettivamente scadente. Esistono molte eccezioni, ma non sono maggioranza.

Personalmente credo che i dettagli più raffinati, le sottili nuances più nascoste celino spesso nuovi e più interessanti aspetti da scoprire e da studiare. In loro risiede la fonte del fascino. Ma penso anche che si possa essere ricercatori di cose più raffinate e profonde solamente quando il contesto lo consente, quando il “grosso” è a punto.

Ecco. Spesso mi capita di dover parlare sul nulla. Mi succede di dover esprimere opinioni su sfumature sonore quando la qualità generale del suono che sto sentendo è……  “disumana”.

Volendo tentare di aiutare a rimettere un po’ di ordine nelle cose, inizierò a parlare di alcuni problemi relativi al contesto. Ancora troppe persone pensano che sia sufficiente acquistare dei componenti e buttarli in una stanza in qualche modo, per ottenere un buon suono. Queste persone sbagliano perché non prendono in considerazione il contesto. Ma il contesto è straordinariamente influente e ”pesa” in modo determinante sul risultato finale. Lasciando addietro per un attimo aspetti di natura culturale, il “contesto fisico” di un sistema hi-fi è determinato dall’acustica del locale d’ascolto e dalla qualità dell’energia elettrica che alimenta le elettroniche.

Suono aspro, suono duro.

Il suono naturale non è mai sgraziato nè involontariamente fastidioso.

Quando un sistema di riproduzione sonora produce suoni stridenti, aspri, eccessivamente acuti ha  sicuramente qualche grave problema in grado di mascherare tutte le sue potenzialità e di allontanare l’ascoltatore da un’esperienza d’ascolto, se non verosimile, quantomeno gratificante.

Il suono aspro sta all’estremo opposto del suono mellifluo e pigro.

Entrambi sono frutto di palesi errori e colorazioni  che allontanano l’ascoltatore dalla musica ma, mentre il suono affettato può, quanto meno, dare luogo ad un’infantile sensazione di consolazione materna, il suono aspro è un’esperienza disdicevole ed estremamente innaturale.

Il suono delle moderne catene di riproduzione sonora ha tendenza  ad essere eccessivamente aperto,  tonalmente  più esile, meno corposo e materico del suono vero. Ciò è  conseguente alla rarefazione dei connotati del suono vero nel bagaglio culturale degli ascoltatori e al contemporaneo affermarsi di una cultura d’ascolto simil-televisiva.

Tuttavia, questa tendenza generalizzata allo scivolamento in gamma acuta del suono riprodotto, non è direttamente responsabile delle molte situazioni di suono duro, a volte aspro, che si sentono girando  fra odierni  audiofili.

Infatti un suono può essere sbilanciato verso le alte frequenze senza essere stridente: la sua  caratteristica  sarà “solamente”  di essere poco virile, esile in basso,  con gli strumenti del registro alto troppo in evidenza e, al tempo stesso, con poca articolazione all’interno delle gamme media e alta  a causa dell’ “invasione” e dell’ accavallarsi delle medio-alte frequenze nel territorio delle alte, e di quella delle alte nella zona delle altissime.

Perfino il suono duro, cioè quello  a risoluzione troppo povera tipico delle sale regia di molti studi di registrazione di basso livello, cioè quello caratterizzato da medio-alte frequenze spartane, poco  accurate e carenti di micro-contrasto,  può non arrivare ad essere così inaccettabile e scabroso com’è il suono stabilmente acido.

Il suono aspro è lo stadio terminale del suono duro quando questo diviene abbagliante ed acuminato.

Per mia esperienza è altamente improbabile che un qualsiasi prodotto hi-fi, preso di per sé,  abbia vocazione a suonare  graffiante.  Succede spesso però che molte situazioni sul campo presentino questo problema. Perché ?

Per  alcuni  motivi che andrò a raccontare.  Ognuno di essi può  essere la sola causa di un suono disastroso o cooperare malignamente con un’altra ragione fra quelle che andrò a descrivere, complicando la diagnosi.

  1. Cause  legate all’acustica dell’ambiente d’ascolto.
    Rappresentano  la  ragione statisticamente più frequente di suono aspro.Coloro i quali, avendo un suono affetto da grave acidità, fossero molto scettici circa l’origine acustica dei  difetti del loro suono, potrebbero provare a togliere il proprio sistema hi-fi dalla loro stanza per montarlo in uno spazio aperto, ad esempio in un campo.  Con grande sorpresa sentirebbero il loro sistema comportarsi in un modo completamente differente da come sono avvezzi. Forse suonerebbe “debole”, ma privo di gonfiori in gamma bassa e di qualsiasi traccia di ruvidità in gamma alta.

    Il suono che arriva all’ascoltatore in un ambiente chiuso è la somma del suono diretto proveniente dai diffusori e di quello riflesso  dalla stanza. In un ambiente moderatamente arredato  quello riflesso  prevale  nettamente sul suono diretto.

    Il suono riflesso possiede componenti  negative (risonanze e riflessioni  precoci) e  positive (riflessioni ritardate).

    a) Le  origini acustiche del suono aspro risiedono principalmente in  certi tipi di riflessioni precoci particolarmente forti ed influenti in concomitanza di particolari set-up  di diffusori e  punto d’ascolto: tipicamente quando il punto d’ascolto è troppo vicino al muro a lui retrostante.

    In questa posizione così ravvicinata alla parete,  l’ascoltatore subisce riflessioni precoci posteriori forti e cariche di energia ad alta frequenza che rinforzano, sfasano  e “sfuocano” le alte frequenze dirette, indurendole, irrigidendole, inasprendole (fig. 1).

    Inoltre il punto d’ascolto appiccicato al muro crea altri due grossi problemi: l’assenza dell’azione di equalizzazione di un buon campo con riverbero  dietro l’ascoltatore e la presenza di basse frequenze forti e melmose causate dalle risonanze tipiche della stanza che, com’è noto, sono particolarmente cariche di energia in prossimità dei muri perimetrali.

    Così accade che  l’ascoltatore, seduto su un divano posto a contatto del centro della parete opposta a quella dei diffusori, percepirà basse frequenze lente e rimbombanti ( per via della risonanza fondamentale della lunghezza e di quella di seconda armonica della larghezza), alte frequenze grossolane ed aguzze ( a causa delle riflessioni primarie posteriori)  e medie frequenze slavate e timide ( dovute all’eccesso di basse e di alte e alla mancanza di campo riverberato  posteriore).

    In questa disastrosa situazione di bilanciamento tonale ogni area di frequenza apporta problemi propri, il cui sommarsi  riuscirà a realizzare un’integrazione capace di dar luogo ad un risultato accettabile solamente in casi rarissimi e fortunatissimi. Assai più frequentemente il suono sarà confuso, rimbombante e aspro al contempo.

    b) Un’altra fonte acustica di acidità sonora può risiedere nella riflessione secondaria che si crea negli angoli della stanza dietro ai diffusori (fig. 2).

    Questa riflessione fuori fase  rispetto al suono diretto  provoca effetti di sommazione e di cancellazione di varia entità. Il modo di interagire di questi con il suono diretto può essere causa di suono aspro.

    c) L’eco fluttuante, cioè  quel  lungo rimbalzare delle alte frequenze fra pareti parallele che dà luogo al tipico “tintinnio” che si avverte in un ambiente particolarmente riflettente, ad esempio dopo un battito di mani, è un’altra tipica causa di suono aspro.

    C’è soluzione a queste problematiche?

    Certamente.

    a)Quando possibile e per quanto possibile, la soluzione elettiva alla problematica “a”  è l’allontanamento del punto d’ascolto dalla parete retrostante. Generalmente più c’è spazio dietro l’ascoltatore  meglio è!

    Ma che fare quando ciò non è consentito dalle dimensioni della sala d’ascolto ed è obbligatorio mantenere il punto d’ascolto addossato alla parete retrostante? Bisogna fare due cose.
    La prima: trattare la porzione di parete dietro l’ascoltatore dove rimbalzano le riflessioni primarie  con materiale fonoassorbente o con una tenda. Il materiale fonoassorbente deve essere di tipo a celle aperte, “spugnoso”, di spessore intorno ai 10 cm.,  posizionato sul muro a coprire una superficie di circa un metro quadrato. La tenda deve essere pesante ed ondulata.
    La seconda: posizionare dispositivi acustici a larga banda tipo DAAD agli angoli posteriori, con la parte assorbente del dispositivo acustico rivolta verso l’ascoltatore.
    In questo modo si controlleranno sia gli eccessi di  energia alle alte frequenze che le risonanze in gamma bassa. Risultato: le medie frequenze fioriranno.

    b) Anche per il problema di tipo “ b” la soluzione è rappresentata dall’installazione di congegni acustici passivi tipo DAAD, da posizionare, in questo caso, agli angoli frontali con la parte diffondente rivolta verso le rispettive pareti laterali. Oltre  al controllo delle alte frequenze in eccesso ed ad un miglioramento della pulizia del suono in gamma bassa e nella zona del calore, si otterrà una più precisa focalizzazione,  l’allargamento della scena sonora e una maggiore coerenza e velocità.

    c) l’annullamento dei deleteri effetti dell’eco fluttuante alle alte frequenze può essere facilmente ottenuto attraverso l’utilizzazione di una striscia di semplice materiale fonoassorbente larga 25-30 cm. e con spessore di 5-8 cm  posta come una cornice tutta intorno al perimetro alto delle pareti della stanza o al soffitto,  ad una distanza di circa 20 cm. dall’angolo pareti-soffitto.
    Questo intervento è un po’ complicato dal punto di vista operativo, ma è poco costoso e non troppo invasivo: ottiene sempre il risultato desiderato.

    Volendo rimuovere le cause acustiche più probabili di suono aspro, l’intervento “a” ha la priorità, seguito da “b” e, se ancora necessario (dipende dal tempo di decadimento della stanza alle alte frequenze) da “c”.

  2. Cause legate alla qualità dell’alimentazione elettricaUn sistema hi-fi è un insieme di elementi che entrano in relazione fra loro a formare una catena. Questa catena funziona all’interno di un contesto ambientale del quale l’acustica della sala d’ascolto è il componente più pesante. Ma non è il  solo. Nessun apparecchio attivo può funzionare se privo di energia. Usualmente i componenti attivi attingono l’energia a loro necessaria  dalla rete di distribuzione dell’energia elettrica. La rete elettrica connette tutti a tutti. A ragione può essere considerata come un grande contesto con il quale ogni singolo componente del sistema audio deve confrontarsi. Per un sistema audio la qualità dell’alimentazione è un fatto molto, molto più importante di quanto si creda.
    Per un finale di potenza, avere una cattiva alimentazione, è come avere un cappio intorno al collo che  lo strozza nel momento in cui deve inspirare.  Inspirando poco non sarà in grado di espirare bene. Fuor di metafora, l’energia che arriverà al crossover dei diffusori sarà troppo limitata per le necessità degli stessi ed il suono soffrirà da fenomeni di micro-clipping.

    Gli effetti di questi, in realtà, colpiscono primariamente le basse frequenze, ma, per ragioni che qui non è necessario esporre, si manifestano drammaticamente anche alle alte.
    Lo strozzamento dell’energia  necessaria ad un finale per pilotare bene i diffusori, provoca molti problemi fra i quali, il più evidente, è l’asprezza in gamma alta.

    Poiché questo tipo di fenomenologia non dipende dalla qualità intrinseca ai componenti, per poterla evitare, come misura prima e minima, è necessario dotare le apparecchiature di speciali cordoni di alimentazione per equipaggiamenti audio che sono in grado di assicurare una maggior quantità di energia al finale e gettare nella spazzatura il cordone di alimentazioni in dotazione.

    Nonostante la buona diffusione che  questo tipo di dispositivi ha avuto negli ultimi anni, alcuni sono ancora scettici circa il loro impiego. Quest’ultimi si chiedono com’è possibile che migliorando la qualità dell’ultimo metro del filo, che porta l’energia elettrica all’elettronica, sia possibile risolvere i problemi  apportati dai chilometri di filo che precedono l’ultimo tratto che va dalla presa all’apparecchio.

    La risposta risiede nel fatto che quest’ultima parte non va interpretata come “ultima”, ma come “prima”, cioè come una sorta di serbatoio aggiuntivo a cui  l’amplificatore attinge in base alle sue necessità.
    Ed è per questo che, a mio parere, più della qualità intrinseca  del cavo di alimentazione speciale, conta la sua lunghezza. Per dirla chiara, quanto più è maggiore  meglio è !
    Per gli stessi motivi non amo molto i filtri di rete: molti di essi sono una stazione di  “strozzamento” dell’energia necessaria  alle elettroniche. Quando sono bene realizzati possono ridurre i numerosi disturbi presenti nella rete (ad esempio le interferenze a radio frequenza) rendendo il suono più pulito, ma non lo fanno senza pretendere una contropartita.
    Considerando il bilanciamento fra benefici e problemi apportati, preferisco  non utilizzarli. Ovviamente però, nei casi in cui si è costretti ad usare una multipresa, è certamente auspicabile che questa sia della più alta qualità.
    Quando è possibile sarebbe invece necessario aumentare la quantità dei punti-presa a muro in rapporto agli apparecchi utilizzati e incrementare la qualità dei cavi elettrici che corrono dal contatore del consumo di energia elettrica alle prese di energia nella sala d’ascolto, magari dedicando una linea speciale alle apparecchiature del sistema di riproduzione.
    Per migliorare la qualità dell’energia elettrica afferente al sistema audio c’è un modo  efficace, alternativo e migliore all’utilizzazione dei filtri di rete.
    È necessario avere una buona terra.
    Molti ignorano che il “funzionamento” della terra della rete elettrica è qualità determinante per il suono di un impianto audio specialmente alle alte frequenze.

    Addirittura alcuni disconnettono la terra dall’alimentazione degli apparecchi. Il fatto è che, se si ha una terra cattiva, connessa o disconnessa, i risultati saranno egualmente cattivi.
    Ma se la terra è buona, la qualità del suono è talmente superiore rispetto alla situazione di disconnessione che non possono esserci alternative o discussioni: è molto meglio che la terra “lavori” sugli apparecchi.

    Ma quand’è che la terra può essere considerata buona? Quando la sua impedenza è inferiore a quella dei diffusori. I vostri diffusori hanno impedenza 8 Ohm ? La vostra terra deve averne meno.
    Come fare a misurarla? Bisogna chiamare un  elettricista specializzato che, con apposita strumentazione, vi dirà quant’è.
    Ma che fare se fosse più alta? Bisogna abbassarne il valore piantando “paline” nel terreno circostante la casa fino a che il valore non è sufficientemente basso.
    Ma se uno abita in città, fra case di cemento, marciapiedi di pietra e strade asfaltate come potrà fare? Non lo so. Io abito in campagna. Ma gli elettricisti lo sanno. E’ il loro lavoro.
    Io so che è importante avere la terra del valore più basso possibile e che essa è ottima quando non supera quella dei diffusori perché, quand’è così, essa porta via tutto lo sporco della rete comportandosi come  una rete fognaria. Com’è noto e fortunatamente, la rete idrica non coincide con quella fognaria.
    Quando la terra è cattiva, la rete “audio-idrica” e quella “audio-fognaria” divengono comuni. Una buona terra le tiene separate.
    In Italia la legge detta che la terra deve avere impedenza sotto i 20 Ohm. Per la qualità delle vostre alte frequenze essa deve avere valori inferiori.

Se qualcuno avesse dubbi provi a fare una comparazione.

Si prendano due coppie di diffusori Rogers LS3/5A. Una deve essere antica, con impedenza 15 Ohm. L’altra deve essere giovane, con la sua più moderna impedenza di 8 Ohm.
Si facciano suonare in un luogo con impedenza di terra di 12-13 Ohm.
Si noteranno differenze a favore di quella antica.
Non sarà mica per questo che gli appassionati del suono LS3/5A  preferiscono le realizzazioni datate?
Non sarà che gli appassionati che  non riescono ad avvertite differenze sostanziali fra le LS3/5° vecchie e quelle moderne  abbiano un impedenza di terrà inferiore agli 8 Ohm?
Se qualcuno fosse particolarmente curioso e nella condizione di fare  esperimenti può trovare in questa materia un soggetto molto interessante per scoprire molto di più di quanto la mera apparenza suggerirebbe.

Buona fortuna.

Italo Adami

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