Da quali considerazioni si è soliti partire per scegliere i componenti del proprio sistema di riproduzione sonora?  

La più frequentemente adottata è quella circa il budget .
Appare ovvio, prima di tutto, ragionare su cosa permettono le risorse disponibili.
Sfortunatamente consideriamo come tali solo i denari che possiamo spendere e non le possibilità-limiti offerti dall’ambiente dove andremo a collocare il sistema.
È un vero peccato!

Se il mondo della riproduzione audio avesse tenuto in maggior considerazione le problematiche legate all’acustica dell’ambiente d’ascolto, se prendesse realmente coscienza del fatto che è questo “l’anello di connessione” che produce le più grandi distorsioni al messaggio musicale originale, se ciò fosse nel bagaglio culturale di ogni audiofilo, forse le cose, per l’hi-fi, sarebbero andate ed andrebbero diversamente da come, purtroppo, si trascinano oggigiorno.  

La prima domanda che quasi ogni negoziante fa all’audiofilo che si presenta in negozio per l’acquisto di un componente o di un intero sistema, è tesa a capire quanto egli può spendere.
A mio parere si dovrebbe invece prima di tutto fare una serie di riflessioni intorno all’ambiente dovrà essere collocato il sistema di riproduzione.
Ciò se l’obiettivo è quello di ottenere il miglior risultato possibile! In una stanza molto poco arredata, rispetto al suono totale percepito, all’ascoltatore arriva direttamente dai diffusori solamente il 25-30%. Il resto, che è tanto, è suono riverberato, con le sue componenti buone e cattive.

Indaghiamo meglio. 

Effetti dell’ambiente e del set-up sul bilanciamento tonale 

Prendiamo un medesimo sistema di riproduzione audio e facciamogli riprodurre la stessa traccia test in tre ambienti diversi. Registriamo le tracce da punti d’ascolto presunti posti alla medesima distanza dai diffusori. I test mostreranno consistenti differenze di risposta in frequenza e di articolazione temporale.
L’impianto HiFi è il medesimo; le tre stanze sono differenti!

Passiamo ora ad osservare la cresta di un grafico rilevato in ambiente chiuso di una serie di impulsi che va da 20 Hz a 2000 Hz.

Registrata la raffica tonale a pochi centimetri da un diffusore, le distorsioni dal segnale originale sono presenti, ma contenute nell’ambito di pochi dB (un po’ dipende dal progetto del diffusore; un po’, ma poco, dall’ambiente) Allontanando il microfono dal diffusore, ad esempio, di tre metri, l’oscillazione del bilanciamento diviene molto tormentata, e le oscillazioni fra i picchi e le valli sono ben più consistenti: l’influenza dell’acustica ambientale diviene via via sempre più possente. 

Nessun altro anello della catena audio causa una distorsione così ingente all’andamento di un test audio che prima dei diffusori è perfettamente lineare. Nessuno come l’ambiente d’ascolto! Questi effetti sono nel dominio della frequenza, sul bilanciamento tonale. Ma questo è solo un aspetto del problema! 

È tempo di parlare del tempo

La musica è un insieme di transitori. Ogni suono ha un tempo di attacco, di permanenza, di caduta. Un brano musicale si compone di un sacco di suoni che si precedono, si succedono, si accavallano. Se consideriamo esclusivamente il bilanciamento tonale non teniamo in debita considerazione il comportamento dei suoni nel tempo all’interno di uno spazio chiuso, ovvero la loro articolazione. È un peccato, perché il sistema orecchio-cervello è molto più sensibile ed attento, “rigido” in un certo senso, rispetto al tempo mentre è più “flessibile” rispetto alla tonalità del suono.

Ogni ambiente chiuso restituisce tempi di decadimento diversi per le varie frequenze. 

Alcune permangono per un tempo più lungo, altre per un tempo inferiore. E questo è un problema. Anzi: è il problema principale dell’acustica di una stanza. Un ambiente chiuso, non pensato per l’ascolto di musica riprodotta, non ha tempi di decadimento omogenei alle varie frequenze ed i suoni degli strumenti per fare musica sono fatti da un insieme di frequenze. L’acustica ambientale modifica il tempo di salita dell’attacco ed ha pesanti effetti sul tempo di decadimento del suono. In altre parole inficia la sua coerenza, ne sporca l’intelligibilità, gli fa perdere contrasto e punch. Ciò accade nel dominio del tempo.

La differenza più significativa fra suono vero e suono riprodotto è che quest’ultimo è “più lento”. 

Non alludo alla durata di un brano musicale. Ovviamente non sostengo che uno stesso brano musicale ascoltato dal vivo finisce prima dello stesso brano sentito con un sistema di riproduzione. Le differenze in termini di tempo stanno “dentro il tempo”. Il suono riprodotto non risolve i transitori nello stesso tempo di come accade dal vero.  Ciò significa, minor silenzio intertransiente e anche minor “evidenza” armonica. In altre parole, maggior confusione e minor dinamica. 

L’ambiente d’ascolto pesa in modo enorme sulla risoluzione dei transienti.

Dicevamo che ogni ha una sua storia: una nascita (attacco), una vita (permanenza), una morte (decadimento). Durante lo svilupparsi della musica, i transienti si inseguono e si sovrappongono. La musica riprodotta è tanto più vivida e ricca quanto più alto è il contrasto fra  silenzio e suono, fra buio e luce, fra vita e morte. Se considerassimo la musica come un  solo transiente tutto sarebbe più facile ad interpretarsi. Poiché però dobbiamo tenere ben presente che la musica è  un insieme di suoni transitori… di fatto vale, nel mondo dei transienti, il mors tua  vita mea :  ogni suono è una variazione del silenzio. Non c’è suono senza silenzio. Suoni nascono mentre altri scompaiono. I primi debbono lasciar spazio agli ultimi. L’ambiente d’ascolto, produce un proprio “rumore” che riempie il silenzio, allungando e distorcendo il suono.

Ogni ambiente ha un proprio tempo di decadimento all’interno del quale stanno numerosi tempi di decadimento. L’indice di decadimento generale è di scarso aiuto per capire come si comporta il suono in un ambiente: potrebbe essere buono in presenza di suono scadente perché, magari, è la risultante di rapidissimi tempi di decadimento alle alte frequenze in presenza di basse frequenze che si aggirano come fantasmi nella stanza, ovvero che continuano a …“vivere” anche quando, sul disco,  sarebbero terminate, offuscando i successivi transienti.

Un buon ambiente d’ascolto, un buon impianto HiFi, ha tempi di decadimento omogeneamente distribuiti fra le aree di frequenze critiche.

Ambiente e stereofonia 

Non basta ancora.  Poiché si ascolta in stereofonia è necessario: 

  • l’equilibrio in ambiente fra ciò che giunge al punto d’ascolto dal canale destro e dal sinistro. Facendo misure differenziate per i due canali in molti ambienti domestici, si osservano quasi sempre significative differenze fra i due canali. Maggiore è la sovrapponibilità nella risposta dei due canali e più alte sono la coerenza, il fuoco, il punch e la sensazione di spazio del soundstage.
  • Abbassare il livello dell’energia sonora risonante per innalzare il livello delle frequenze non risonanti.
    È praticamente impossibile ottenere in ambiente una risposta lineare. Ci saranno sempre differenze d’ampiezza fra le varie frequenze. Chi sostiene di avere una risposta abbastanza lineare ha probabilmente effettuato una misurazione per ottave. Facendo, ad esempio, un semplice e più significativo test a terzi d’ottava già si potranno osservare deviazioni, oscillazioni della linea di bilanciamento tonale. Molto significative sono le variazioni sotto i 300 Hz. Alle alte frequenze quello che è importante è cercare di ottenere variazioni non repentine fra aree di frequenze critiche. Alle basse è invece necessario combattere i boom ( stretti e puntuti picchi  che riguardano  solo alcune frequenze ) e le cancellazioni  ( aree di marcata  caduta del livello delle frequenze limitrofe a quelle di boom). In genere le aree di frequenza caratterizzate dai boom e dalle cancellazioni sono molto carenti d’articolazione.
  • Attenuare l’energia proveniente dai punti di riflessione precoce.
    È quella quota di suono che giunge all’ascoltatore con un ritardo compreso entro i 25 millisec. rispetto all’emissione dei diffusori. Poiché il sistema orecchio-cervello non riesce a scindere questo suono riflesso dal suono diretto, l’energia sonora delle riflessioni precoci interferisce pesantemente con la riproduzione stereofonica.
  • Diffondere l’energia riflessa che giunge all’ascoltatore dopo il periodo di fusione del suono (5-25 millisec.) e quindi in un tempo compreso fra 25 e 85 millisec. dopo l’emissione dei diffusori. Il suono che arriva all’ascoltatore in questo lasso di tempo contribuisce alla sensazione di spazio e al livellamento della linea di bilanciamento tonale.

L’ambiente  come anello del sistema di riproduzione HiFi 

Queste, dette in breve, sono le problematiche che l’ambiente d’ascolto crea al suono riprodotto. Ci sono, sono dimostrabili, sono ingenti. Ogni audiofilo che ha cambiato ambiente d’ascolto senza modificare il sistema di riproduzione, le ha toccate con mano più o meno coscientemente, osservando come il suo suono fosse tangibilmente mutato.  Detto ciò, il ragionamento che vorrei sviluppare non riguarda direttamente l’acustica del locale d’ascolto. Parte dall’acustica, tenendola presente, non ignorandola, non “rimuovendola”, per arrivare altrove. Se inseriamo l’acustica fra i “componenti” di un sistema hi-fi, possiamo entrare nel vivo del nostro ragionamento. Semplificando, un sistema hi-fi potrebbe essere diviso in due sotto-sistemi: fonte e preamplificatore da una parte; diffusori, acustica, finale di potenza dall’altra. Se per formare un sistema hi-fi si partisse dalle possibilità acustiche della stanza che abbiamo a disposizione, il primo passo da fare sarebbe considerare la “centralità” della scelta dei diffusori

Mi spiegherò meglio successivamente. Per adesso, per comodità, semplificando molto, diamo per scontato che, data una stanza, la prima cosa da fare è stabilire quale tipo di diffusore per quella stanza. In base a ciò verrà poi scelta l’amplificazione, che dovrà avere caratteristiche adeguate al diffusore scelto. La fonte (digitale e/o analogica) ed il preamplificatore possono rimanere svincolate da questo ragionamento. Diamo per scontato che all’aumentare della qualità di fonte e preamp ci sia sempre un miglioramento (almeno sino al limite massimo concesso dalla risoluzione del sistema apparato di riproduzione- ambiente). Non crediamo invece che all’aumentata qualità teorica di diffusori e dell’amplificatore finale corrisponda sempre un miglioramento (inteso come aumentata performance in ogni parametro d’ascolto).

Dipende dall’ambiente, appunto. 

Interrogarsi 

In precedenza abbiamo cercato di dire che una stanza condiziona il suono che lì dentro vi si riproduce, sia dal punto di vista tonale che di quello della risposta nel tempo.

Quando facciamo il set-up del sistema diffusori-punto d’ascolto in una stanza, quando cioè cerchiamo, se possiamo, il posto per i diffusori e per l’ascolto dove il sistema sembra produrre la sua performance migliore, stiamo tentando di interfacciare il nostro sistema di riproduzione audio con l’acustica della stanza, considerando “automaticamente” le sue risonanze e le sue cancellazioni cercando di compensarle, facendo tesoro del concetto-modello di musica che ognuno di noi ha.

Muovendo diffusori e punto d’ascolto, infatti, una misurazione effettuata al punto d’ascolto offre risultati significativamente differenti. Nell’ambito del bilanciamento tonale non di piccole differenze si tratta, soprattutto alle basse, ma anche alle alte frequenze.

Differenze da intendersi come opportunità, come possibilità di scelta. Spostamenti nell’ordine dei decimetri dei diffusori e/o del punto d’ascolto sono in grado di provocare importanti cambiamenti della linea di bilanciamento tonale. Se si ha la facoltà di poter spostare diffusori e punto d’ascolto in un locale, questa è la via principale per ottenere un buon bilanciamento tonale. E se questa possibilità non c’è? A dopo la risposta. Muovere diffusori e punto d’ascolto produce invece scarsi vantaggi alla risposta del sistema in termini di articolazione del suono nel tempo.

Se da un lato è vero il fatto che avvicinando l’ascoltatore ai diffusori l’articolazione aumenta per effetto del prevalere del suono diretto su quello riverberato, dall’altro è da notare come questa strategia non sia possibile con molti diffusori, pena la perdita della coerente emissione degli stessi. Non solo: l’avvicinamento degli speakers all’ascoltatore, in ambienti acusticamente piccoli, come sono quelli domestici, non produce gli effetti necessari in termini di articolazione. La via maestra per ottenere una migliore risposta nel dominio del tempo da un sistema di riproduzione è un buon trattamento acustico passivo della sala d’ascolto. Ma è sempre possibile metterlo in atto? Potremmo dire che è statisticamente dimostrato che la maggioranza degli audiofili non possono fare un trattamento acustico nella stanza dove ascoltano musica perché essa non è dedicata all’ascolto stereofonico o all’audio-video  dato che è utilizzata anche per altre finalità non conciliabili con un invasivo trattamento acustico passivo. 

Abbiamo fatto alcune riflessioni.

Adesso ripropongo la domanda iniziale: è solo il budget a decidere quale sistema di riproduzione dovrà suonare in un ambiente? A mio parere gli ambienti d’ascolto non si dividono, in prima istanza, in grandi, piccoli, larghi, stretti, irregolari, quadrati, ecc.  Certo che la forma e le dimensioni di un ambiente sono importanti e non poco! Ma non è questa la prima riflessione su cui muoversi. Il primo interrogativo da porsi circa il proprio ambiente non è sulla sua “statica”, ma sulla “dinamica” che in esso è permessa: “ho la possibilità di muovere i diffusori ed il punto d’ascolto dentro la mia stanza?”. 

La seconda domanda è: “sono nella situazione di poter intervenire nella stanza con il trattamento acustico?” 

Rispondendo ad entrambe le domande si determinano tre situazioni più o meno standard: 

  • A) quella di coloro che non possono né spostare i diffusori né il punto d’ascolto, né fare il trattamento acustico. Sono quelli che non potranno intervenire né sul bilanciamento tonale, né sull’articolazione. 
  • B) quella di chi può agire su diffusori e punto d’ascolto, ma non sul campo riverberato, ovvero non può mettere in atto un trattamento acustico passivo adeguato alle necessità. 
  • C) quella in cui si possono fare entrambe le cose. 

Sono tre categorie generiche, dentro le quali stanno infinite situazioni di variabilità e compromesso.

Sempre mirando al miglior risultato sonoro possibile, cercando di evitare pericolose  illusioni e voli pindarici,  ogni audiofilo dovrebbe concretamente potersi collocare in una di queste tre  situazioni iniziali. 

L’audiofilo prigioniero 

Partiamo da coloro che si sono riconosciuti nella categoria A.

Cosa possono fare? Cosa debbono non fare?

Considerando la “centralità” dei diffusori, queste persone hanno la necessità di adattare il sistema alla stanza. Non possono agire al contrario: hanno un solo posto dove poter mettere i diffusori e un punto obbligato dove poter ascoltare.

Una stanza di abitazione domestica, il soggiorno, è un ambiente ostile per un impianto Hi-Fi.

E’ fatta per mangiare, per dormire, per ripararsi dalle intemperie, per essere vissuta a prescindere dalla musica.  Se non la si può modificare, deve essere il sistema audio a dover essere plasmato in funzione di essa. 

Avendo una postazione fissa, invariabile, per i diffusori, è necessario provare e riprovare qual è che vi si adatta meglio nella posizione data. È preferibile, a mio parere, scegliere diffusori che non eccitino le risonanze più basse dell’ambiente, utilizzando quest’ultimo come sorta di sub-woofer. Diffusori fatti o fatti fare per quell’ambiente, calzati per esso, in base alla sua forma e alle sue dimensioni.

In questi casi diventa importante il rapporto con il rivenditore o con il costruttore, il quale dovrà essere in grado di far provare al cliente, nella sua stanza, differenti soluzioni, anche, soprattutto, all’interno di una stessa famiglia di apparecchi (ad es: diffusori direzionali bookshelf). E’ molto improbabile ottenere un buon risultato al primo tentativo o comprando a casaccio. 

Stabilito ad esempio che nella stanza di un audiofilo appartenente al caso A, i migliori risultati possono essere ottenuti esclusivamente utilizzando diffusori bookshelf , poi, dopo,  giunge l’interrogativo sul budget. L’audiofilo in questione potrà provare diffusori che costano da X ad Y. Non è affatto scontato che quelli che costano di più possano risultare i più adeguati nell’ambiente in oggetto, tuttavia, disporre di maggiori risorse, significa avere una più ampia gamma di possibilità.

A quali risultati sonori può ambire l’audiofilo che è nella situazione A?

Può ragionevolmente ricercare un suono aggraziato, raffinato, piacevole, adatto più per alcuni generi musicali che per altri. Non deve porsi come obiettivo primario il raggiungimento di notevoli pressioni sonore, di alti livelli dinamici, di eccezionale focalizzazione e soundstage. La scelta dei diffusori determinerà in qualche modo l’abbinamento con l’amplificazione, per definire il sottosistema diffusori-amplificazione- cavi. L’amplificazione deve permettere ai diffusori di manifestarsi compiutamente seguendo i gusti d’ascolto del loro proprietario ed i cavi debbono far “vedere” ai diffusori l’intero amplificatore o viceversa. In genere il miglioramento della qualità delle elettroniche e dei cavi produce un innalzamento del livello di risoluzione del sistema. Tuttavia un perfezionamento, un incremento di qualità, è scarsamente apprezzabile oltre il livello di risoluzione generale del sistema “impianto di riproduzione-ambiente”. Purtroppo, in una stanza dove l’acustica è giocoforza lasciata a se stessa e dove non è possibile modificare la posizione di diffusori e punto d’ascolto, il livello generale di risoluzione del sistema è generalmente basso. In questi casi molte elettroniche e molti cavi, sebbene di diverso costo e qualità intrinseca, sembrano suonare più o meno equivalenti. Scelti i diffusori cercando di crearsi i minori futuri problemi, a mio parere, occorre fare qualcosa per migliorare la stereofonia e la risposta generale del sistema. 

L’audiofilo in situazione A dovrebbe a mio parere prendere in seria considerazione l’utilizzazione di un sistema digitale per il controllo attivo dell’acustica ambientale.

Sono apparecchi che “a monte” manipolano il segnale considerando le modificazioni apportate dai diffusori e dall’ambiente. Alcuni sono un po’ complicati da utilizzare e possono ottenere una buona ottimizzazione solo all’interno di una ristretta area d’ascolto. In situazioni acusticamente molto critiche possono mettere alla frusta l’amplificazione e sono situati lungo il percorso del suono diretto (non al di fuori di esso come il trattamento acustico passivo). Tuttavia sono l’unico modo che ha l’audiofilo in situazione A per ottenere una buona simmetria fra i canali (anche con i diffusori in posizione asimmetrica) e un buon bilanciamento tonale anche alle basse frequenze.

Con una macchina di controllo acustico digitale è possibile creare curve di bilanciamento tonale correggendo macroscopiche differenze fra i canali e livellando la risposta delle frequenze risonanti. Non agiscono con grande efficacia nel dominio del tempo, però risolvono dei problemi nel dominio della frequenza.

Sono macchine che lavorano tanto meglio quanto meno numerosi sono i problemi che debbono risolvere. Anche se la “nuova frontiera” (non nuovissima: sistemi di correzione acustica digitale esistono dalla metà degli anni ’90) dell’intervento sull’acustica ambientale ha visto significativi progressi nell’ ultimo lustro, conseguenza del miglioramento dei software, ma soprattutto dell’hardware, ha suoi limiti intrinseci praticamente insuperabili.  

Le correzioni che vengono create da questa tecnologia per “sovrapposizioni rovesciate” al segnale originale non sono totalmente “invisibili”.  Sono più o meno avvertibili sottoforma di artefatti sonori che, principalmente investono il dominio del tempo. Senza addentrarsi nei vari tipi di procedure disponibili, il filtraggio digitale è contraddistinto da una inversa proporzionalità tra risoluzione in frequenza e nel tempo. Se, ad esempio, si dovesse intervenire massicciamente, ma anche con precisione nel range delle frequenze comprese fra 20 e 300 Hz occorrerebbe elaborare “impastando” blocchi di campioni piuttosto lunghi. Il relativo filtro inverso calcolato per convoluzione sarà altrettanto lungo e, dal punto d’ascolto, la possibilità di avvertire fenomeni sonori indesiderati sarà alta.

Perciò il loro utilizzo in una situazione tipo A non esclude a priori una scelta ponderata e provata del sotto-sistema diffusori-cavi-amplificazione finale. 

Tuttavia, trovandosi in uno di questi contesti, è a parer mio preferibile risparmiare qualcosa sull’acquisto dei componenti classici per dotarsi di un apparecchio di correzione ambientale attiva.

Poiché questa tecnologia, se utilizzata con competenza ed oculatezza, può elevare la risoluzione generale del sistema nei casi in cui essa è carente a causa di gravi boom risonanti o per marcate asimmetrie fra i canali, apre la strada per l’evoluzione del sistema stesso mediante un mirato upgrading di altri componenti. 

L’audiofilo in libertà controllata 

Un audiofilo in situazione B è molto più fortunato. Può disporre i diffusori ed il punto d’ascolto avendo nella stanza un’area dedicata. Può, in qualche misura, dipende dalla libertà di “movimento”, agire efficacemente sul bilanciamento tonale. Ha, quindi, maggiori possibilità di scelta rispetto ai diffusori e può mirare a risultati sonori più elevati, completi. Rispetto all’audiofilo che non ha la possibilità di scegliere la posizione dei diffusori e del punto d’ascolto, ha le potenzialità per ottenere di più in termini di equilibrio fra i canali, soundstage, volume sonoro, versatilità d’ascolto fra i generi musicali.

Anche lui, però, difficilmente potrà ottenere un ottimo risultato in termini di punch, di dinamica, di microcontrasto, di intelligibilità a gamma intera.

Pur potendo permettersi dei diffusori più performanti in gamma bassa, anche l’audiofilo B dovrà porre una certa attenzione nella loro scelta, tenendo in considerazione la forma e il volume dell’ambiente che li ospiterà. A mio, parere quando non si può fare il trattamento acustico, è consigliabile l’acquisto di diffusori leggermente sottodimensionati rispetto alle possibilità apparenti offerte dalla sala d’ascolto. E’ necessario provarli. Omnidirezionali, isodinamici, dinamici a due, tre, quattro vie; a sospensione pneumatica; bass reflex; ad alta o a bassa efficienza, da pavimento o da stand, ecc. 

 Esiste un’infinita scelta fra i diffusori. Non solo parlando per macrocategorie! Anche all’interno, ad es., della categoria “diffusori dinamici da pavimento a due vie” esistono possibilità sterminate. Ed ogni modello di diffusore suona in modo differente da un altro! Ogni modello di diffusore, avendo un suo cabinet, un suo crossover, i suoi altoparlanti, interagisce con l’ambiente a modo suo. È dunque necessario sentirlo nel proprio ambiente. Trovato il diffusore, anche nel caso B, dopo, non prima, dovrebbero essere scelti amplificazione e cavi. L’ audiofilo in situazione B, come di quello in A, facendo di necessità virtù, dovrebbe orientarsi ad utilizzare cavi ed amplificazione più per correggere che per spremere le massime potenzialità del sistema.  Inseguirà i propri gusti d’ascolto bilanciando i vantaggi e gli svantaggi conseguenti. La casistica delle situazioni B è molto articolata. Ci sono casi vicini a quella degli A.

Anche per queste è indicato l’impiego di un sistema di controllo ambientale attivo soprattutto quando sono udibilmente presenti gravi problemi a bassa frequenza.

Con altre più favorevoli situazioni, è possibile godere di una buona libertà d’agire all’interno della stanza sia per spostare diffusori che per mettere in pratica un minimo di trattamento acustico passivo. Particolarmente fortunate sono quelle che possono inserire dispositivi acustici passivi per il trattamento a larga banda del campo riverberato negli angoli e alla parete dietro i diffusori pur non potendo intervenire in modo massiccio sull’acustica della stanza. Questi ultimi, se la stanza ha forma e dimensioni adeguate, se la scelta dei diffusori-amplificazione-cavi è stata oculata, possono ambire a risultati sonori di alto livello anche dal punto di vista dell’articolazione temporale del suono. 

In alcune circostanze ambientali appartenenti alla categoria B può essere possibile ed utile l’impiego di un sistema di controllo attivo unitamente a giocoforza moderati interventi di tipo passivo. Dipende dalle situazioni, dalle possibilità, dai risultati sonori a cui si mira.

Anche se in modo significativamente inferiore rispetto alle situazioni A, anche l’audiofilo in situazione B ha da fare i conti con alcuni compromessi ambientali, adattare il proprio sistema audio alle caratteristiche della stanza, oltre che ai suoi gusti personali. Tenendo conto di ciò potrà investire meglio le proprie risorse. 

L’audiofilo scarcerato 

Totalmente differente è invece la situazione di chi ha una stanza completamente dedicata all’ascolto musicale. Si tratta di una minoranza di persone, le più fortunate. Ovviamente forma e dimensioni della stanza sono anche qui importanti per scegliere il sistema audio. Però questo è un ragionamento che viene dopo. Chi ha una stanza dedicata, se vuole ambire, come può, ai massimi risultati oggi possibili, non deve partire dalla scelta dei diffusori, ma dal trattamento acustico ambientale. Ora è la stanza che si dovrà adattare per diventare un luogo dove riprodurre la musica.

Essa è ciò su cui investire… prima! 

Se si ha disponibile una cifra pari a 100 ed una stanza dedicata, è preferibile impiegarne 50 per il trattamento acustico e 50 per il sistema di riproduzione audio piuttosto che l’intera somma per il sistema di riproduzione. Si otterranno comunque risultati notevolmente migliori sin da subito, si ridurrà il margine di errore per i successivi upgrading, si seguirà un percorso più virtuoso, di maggior soddisfazione e fonte di apprendimento.

Ci si metterà nella condizione di sfruttare le massime potenzialità del sistema di riproduzione, assecondandolo, non contrastandone le caratteristiche per correggere problemi che, essendo l’effetto dell’acustica dell’ambiente d’ascolto, sono fuori di esso. Ecco perché un sistema audio meno costoso fatto suonare in un ambiente con una buona acustica suona molto meglio di un sistema costoso impiegato in un ambiente acusticamente insufficiente. 

Poiché in una stanza ben trattata acusticamente vi può essere installato qualsiasi (quasi …. senza esagerare) sistema di riproduzione e poiché ogni diffusore è diverso dagli altri, è necessario che il trattamento acustico ambientale sia flessibile, manipolabile in modo da poter essere in grado di modificare la diffusione dell’energia sonora nella stanza in rapporto alle caratteristiche di emissione degli speakers.

Questo è ciò che fa la differenza fra il trattamento acustico per una sala da concerto e una stanza dove si deve riprodurre musica. La sala da concerto ha necessità di tempi di decadimento adeguati alla musica che vi si suona. Non ha il problema della……stereofonia. L’acustica della stanza dove si riproduce la musica deve essere adatta alla riproduzione stereofonica e deve essere plasmabile perché ogni sistema di riproduzione ha sue caratteristiche. In una stanza da concerto si fa la musica. Le caratteristiche dell’acustica della sala da concerto sono comprese in quell’“assoluto” che è il momento dell’esecuzione. 

La riproduzione sonora invece non è “assoluta”: deve mirare a riprodurre più fedelmente possibile ciò che è registrato. Ciò lascia spazio all’interpretazione, alla “messa in scena”. Se l’acustica di una sala d’ascolto è così influente sul risultato finale,  se i sistemi di riproduzione non sono “assoluti”, se le registrazioni  non sono la realtà, ma la “fotografia” della realtà fatta dal tecnico del suono e quindi non sono che un punto di vista, così l’acustica della stanza di riproduzione non può essere “assoluta”, ma …”relativamente relativa”: c’è una parte del suo comportamento che è costante ed è data dalle dimensioni, dalla forma della stanza e dai materiali presenti in essa; c’è un’altra parte del suo comportamento che dipende  dal tipo e dal posizionamento del sistema di riproduzione che può essere cambiato, sostituito ed ogni volta …accordato con la stanza attraverso il ri-posizionamento dei diffusori e del punto d’ascolto e del set-up del sistema di trattamento acustico. 

Avendo una stanza dedicata, sostituendo dei diffusori che prima erano posti, ad esempio, a un metro dalla parete a loro retrostante, avendo trovato che i nuovi diffusori hanno necessità di essere posti a un metro e mezzo dalla parete retrostante, è necessario poter ricollocare il trattamento, ad es., dei punti di riflessione primaria laterale e, probabilmente ci sarà necessità di una diversa modalità di diffusione complessiva del suono nella stanza. Questo banale esempio spiega da solo la necessità di poter disporre di un trattamento acustico variabile in stanze d’ascolto dedicate.

Il trattamento acustico per una stanza dedicata all’ascolto stereofonico e/o multicanale conserva l’energia buona (suono diretto, suono riflesso con ritardo di 35-80 millisec.) per intervenire su quello negativo (risonanze, riflessioni precoci, eco fluttuante). 

Un buon trattamento acustico crea un ambiente tonalmente equilibrato, dove l’energia sonora è diffusa e vivida, con risposta ai transienti rapida ed uniforme. 

Affinché possa ottenere questi risultati è necessario utilizzare congegni che lavorino a banda larga in grado sia di assorbire e di diffondere come i DAAD ed i risuonatori variabili Volcano, Halifax e Polifemo di Acustica Applicata

La sala d’ascolto dedicata è il regno del trattamento acustico passivo perché è il laboratorio per la ricerca della purezza, della coerenza, della trasparenza: potendo controllare il bilanciamento tonale attraverso il set-up diffusori-punto d’ascolto e l’articolazione tramite un moderno trattamento acustico passivo, non ci dovrebbe essere alcuna necessità di ricorrere a quello attivo (che, come detto, è molto utile in circostanze dove è necessario fare certi compromessi, ma che, manipolando il segnale, produce anche alcuni effetti non positivi). 

Con il trattamento acustico della stanza dedicata, la scelta dei diffusori diviene più ampia, facile e mirata ai gusti d’ascolto e caratteristiche sonore di qualsiasi componente emergeranno in modo nettamente più evidente. Sistemi di riproduzione più economici suoneranno molto meglio di sistemi più costosi mal disposti in ambienti inadeguati. 

Decisi i diffusori, la scelta dell’amplificazione potrà essere fatta al fine di valorizzare interamente le loro caratteristiche assecondando le loro esigenze, non quelle dell’ambiente. I cavi non dovranno più essere impiegati per correggere alcune caratteristiche del bilanciamento tonale, ma per permettere all’amplificatore di “vedere” tutto il diffusore e viceversa.

Si potrà, cioè, adottare una strategia totalmente additiva.

In una stanza ben trattata, con un buon sistema audio, non facendo errori, si possono raggiungere oggi risultati notevolissimi anche per quanto riguarda  la dinamica, la “velocità” e l’ampiezza di risposta nel tempo (fig. 6 e 7), cioè gli  aspetti che più allontanano il suono riprodotto da quello vero.

Una considerazione finale 

Si può ascoltare musica in molti modi: in cuffia, in auto, da una radiolina, col computer, con un sistema di riproduzione domestico ed è auspicabile che la musica venga ascoltata in ogni modo da un crescente numero di persone.

Tuttavia il modo di fruire la musica determina la qualità di messaggio musicale. In altre parole il mezzo determina il contenuto. Un sistema di riproduzione di alto livello dovrebbe ambire alla maggiore completezza possibile del messaggio. Per ottenerla – c’è poco da fare – dobbiamo fare i conti, prima che con il portafoglio, con quello che dobbiamo fare per il nostro ambiente d’ascolto.

Italo Adami (da: “I quaderni di FdS” 2006 – rev. 2022)

Continua ad approfondire…